Solenne
concelebrazione, presieduta dal cardinale Josè
Saraiva Martins
Concluso il Processo
Cognitivo iniziato nel 1982
La cattedrale gremita dalle più alte cariche civili e militari ha assistito
alla proclamazione di “Venerabile” del Servo di Dio, don Francesco
Mottola
di Caterina Pandullo
foto Salvatore Libertino
Una
folla gioiosa e commossa ha assistito allo storico evento, il primo nella
diocesi di Tropea, della proclamazione di
“Venerabile” del Servo di Dio, don Francesco Mottola.
La cattedrale gremita dalle più alte
cariche
civili e militari e da tutto il clero calabrese,
tra cui i vescovi guidati dall’arcivescovo di Reggio Calabria,monsignor
Mondello, non è riuscita a contenere l’enorme
folla di fedeli giunti da ogni parte della Calabria e solo una parte ha
trovato posto nel porticato annesso alla cattedrale dove ha potuto seguire
la cerimonia da uno schermo gigante. La solenne concelebrazione, presieduta
dal cardinale Josè Saraiva
Martins, prefetto della Congregazione per la
Causa dei Santi, è stata introdotta dal vescovo della nostra diocesi, mons.
Luigi Renzo, che ha espresso “l’intima gioia e
la profonda commozione delle Oblate, della cittadinanza e di
tutti
i fedeli della diocesi per il solenne annuncio e la consegna ufficiale del
Decreto che conclude la lunga fase del Processo Cognitivo iniziato nel
1982”. Annunci di grazie per sua intercessione attualmente al vaglio, ha
aggiunto, fanno sperare di vederlo presto sugli
Altari . Ha quindi illustrato, attraverso le
parole più significative e attuali degli scritti di don
Mottola, l’eccezionale carisma che si sprigionava dalla sua figura
di “certosino della strada, di prete trascinatore, di appassionato amante
della Calabria sofferente ed umiliata”. E ricordando ciò che il
“Venerabile” disse nel 1938 :”Vorrei alzare la
bandiera di una rivolta ideale: la Rivoluzione Cristiana”, il vescovo ha
concluso affermando che “grazie a lui e ad altre straordinarie figure della
nostra terra , tra cui San Catanoso, possiamo
guardare con più fiducia al futuro della nostra chiesa per una maggiore
fecondità spirituale”. Don Ignazio
Toraldo
ha quindi ripercorso le tappe più importanti della vita di don
Mottola, segnata tragicamente dal suicidio della
madre e dalla morte prematura di un fratello. Accanto alla vivida
intelligenza e all’animo poetico, ha anche ricordato l’aspetto ipercritico,
orgoglioso, intimamente inquieto del suo carattere, caratterizzato
“dalla lotta contro le naturali inclinazioni di un temperamento ribelle e
dalla continua ricerca della volontà di Dio”. Aperto alla comprensione dei
segni dei tempi, diede vita ad iniziative apostoliche per un profondo
rinnovamento culturale e spirituale del clero. Promotore di numerose
iniziative di volontariato rivolte ai poveri e agli emarginati,
fondatore dell’Istituto secolare delle oblate del S. Cuore e di Case di
Carità per orfani e abbandonati, seppe vincere ogni battaglia col carisma
dell’amore. Il suo stile di vita umile, austero, casto
traspare anche dalla sua produzione letteraria notevole su temi teologici,
ascetici e mistici ma anche su fatti di cronaca e sul mondo contemporaneo.
La sua lunga
malattia
durata 27 anni che lo paralizzò privandolo della
parola e procurandogli notevoli sofferenze fisiche e morali
cristianamente sopportate, dà la misura
autentica della sua spiritualità. E’ stata quindi la volta del cardinale
Martins che si è soffermato sulla centralità
della figura di Cristo e della Chiesa nella vita
di don Mottola . “Ha recato nel mondo il volto
umano di Cristo, ha affermato, ravvivando tra
gli uomini la speranza del Cristo Risorto”. Straordinario maestro
evangelico di carità “ha incarnato nella sua vita
quattro verbi: pregare, agire, soffrire, amare”. Per il cardinale c’è
in don Mottola “ la
testimonianza più viva dell’uomo sofferente che però si fa consolazione per
gli altri; la sofferenza come cammino di purificazione, maturazione,
speranza è il tratto più alto della sua umanità”. Evidenziata anche dal
cardinale la grande valorizzazione della donna che il “Venerabile” ha saputo
fare nella società chiusa del suo tempo. “Il
mondo di oggi ha bisogno soprattutto di amore e di speranza,
in rottura con quella cultura dell’egoismo e dell’autoreferenzialità
che insidia la società moderna, ed è qui tutta l’attualità di don
Mottola che è un modello da imitare”, è stato il
suo messaggio finale.