A Caroniti
di
Pasquale Lorenzo
foto Marcello Francolino
Partivamo di giorno; partivamo
di notte. Noi non avevamo un orario nel tempo e,
neanche, una meta geografica. Eravamo
caduti nell’eternità, dei nostri minuti. E di notte, poi, appendevamo i sogni
alle code delle stelle cadenti.
Durante uno dei nostri giri notturni, notammo che una piccola strada,
arrampicata, proiettata contro il cielo, ci additava un pugno di stelle e la
luna, alta, sulla gobba di una collina.
Il chiarore esaltava i profili scuri degli arbusti e delle grandi querce; ed il
nastro di asfalto di quella strada era un filo di luce, pallido riflesso, un
esile raggio lungo il quale stavamo salendo fino agli astri. Eravamo sempre
immersi nell’eternità dei nostri minuti.
Ci
fece riemergere una comune insegna stradale "CARONITI", proprio dietro una
curva, quasi alla fine della nostra ascesa, dove la strada mostrava una
deviazione laterale, tra due case di contadini. Eravamo
ricaduti sulla terra, in una di quelle piccole
mete geografiche, delle quali, fino ad allora, io avevo ignorato l'esistenza.
Quelle luci non erano stelle, ma luci di un incantevole paese della mia
Calabria.
Bloccammo l’auto all’ingresso, perché la strada era molto stretta: non c’era
posto per le macchine. Adagio, adagio per non svegliare nessuno.
C’era un grande immenso respiro, dell’aria
contro di noi; non un rumore d’uomo; nemmeno i nostri battiti; solo canti
notturni, di animali.
Una viuzza tra case basse, da medioevo, senza castelli, strette ed avvinghiate
tra di esse, sopra un dirupo, per difendersi ancora dai saraceni; poi una
piazzetta, un balcone a ringhiera, ci aprì
all’improvviso lo spazio, sotto i piedi e
davanti, fino all’infinito.
Ricademmo nell’eternità.
La luna ridisegnò i profili degli arbusti e delle grandi querce scure, che non
salivano più, ma scendevano, ora, fino al mare, innevato dai bagliori.
Le luci di mezza Calabria, della Sicilia e delle isole Eolie,
non erano luci di mete terrene, ma stelle,
confuse, con quelle del cielo.
Fu quella notte, da quel balcone, che abbiamo voluto beffarci del tempo,
appendendoci coi nostri sogni alle stelle cadenti.
Non avevamo tenuto conto dell’orario di un treno.
Tu sei salita in coda, come un sogno appeso ad una stella:
e sei
sparita.
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