LE "CRESIOLEE"
testo di Luciano Del Vecchio
foto di Francesco Libertino
Sono
più o meno grandi, più o meno profonde; la gran parte semplici, senza ornamenti o
decorazioni, parecchie hanno dei fregi intorno, che rispecchiano il gusto dellepoca
in cui sono state ricavate sul muro; alcune con fiori, quasi sempre secchi, altre ornate
da piccoli omaggi rinnovati dalla pieta delle famiglie che da generazioni abitano nella
vinea alcune con lo sportellino in vetro, altre aperte ed esposte agli insulti del tempo e
della sinecura; qualcuna chiusa ermeticamente da un vetro murato; alcune illuminate da
minuscole lampadine perennemente accese; altre buie, impolverate, annerite da pluriennale
abbandono.
Le edicole sacre sui muri dei palazzi tropeani meritano la nostra attenzione. Custodiscono
la statua o limmagine della Madonna, fra queste la più ricorrente è quella della
Romania; frequente il severo cipiglio del santo calabrese per antonomasia Francesco di
Paola; presenti anche le Crocifissioni, fra le quali quella del Borgo ha assunto nel tempo
un valore non solo religioso, ma anche civile. Almeno fino a pochi anni addietro, era
punto di aggregazione per cittadini che si riconoscevano come facenti parte di una
comunità. Davanti a essa generazioni di tropeani hanno cantato e pregato per il "Tre
della Croce", prima di abbandonarsi collettivamente alla genuina allegria della festa
borghitana.
Quante sono? Un calcolo approssimativo di almeno unedicola per ogni vicolo della
zona vecchia potrebbe suggerirci circa un centinaio o poco meno. Pur trovandosi questa
tradizione in altri paesi dell'Italia meridionale, non si esagera affermando che le
edicole sacre di Tropea costituiscono un insieme di particolare interesse, se non per
varietà di fregi o cornici, almeno per il numero. Forse possono reggere il confronto, in
proporzione allo sviluppo dei rioni e dei vicoli, con quelle della Vicaria di Napoli.
Perché
così tante? Considerando il numero delle chiese, non poche in rapporto alla popolazione,
non si può dire che mancassero, a Tropea, i luoghi di culto per le pratiche di fede. E
tuttavia la devozione popolare, che si esprimeva nelle cappellette e nei calvari sparsi in
tutte le strade di Calabria, a Tropea disseminava i vicoli di "Cresiolee".
La devozione era antica, risale forse ai primi decenni del 600 quando dopo il Concilio
Tridentino, intenso divenne limpegno della Chiesa ad abbandonare la devozione
ascetico-individuale risalente al medioevo e di renderla popolare. Allora si diffuse il
modo di recitare il rosario "in compagnia", non solo in chiesa ma anche in
viaggio, in famiglia, nel vicolo: una preghiera comunitaria che obbligò i fedeli a
procurarsi limmagine sacra, in particolare della Madonna. Nei quartieri più
popolari delle città, davanti alla nicchia si stringevano forti legami collettivi che
impedivano, per la comune pratica religiosa, la disgregazione sociale, in secoli di grande
miseria, fame e malattie.
Da quei lontani tempi le edicole ci mandano un muto messaggio di grande significato
storico ed antropologico. Sono la testimonianza di una società e di un modo di vivere
scomparsi. Senza nessuna pretesa di valore artistico, quelle sacre custodie murali,
illuminate fiocamente da lumi a olio o a cera, evocano limmagine di umili popolani
che in gruppo, con lespressione pubblica della fede, ricucivano spontaneamente e
continuamente il tessuto sociale. Quando questo, nel corso del tempo, si è sfilacciato,
anche ledicola sacra più o meno scossa che fosse la devozione perse
progressivamente quella carica simbolica che la fece nascere.
Quella forma di socialità, ovviamente, non rivivrà mai più.
Forse sopravvisse fino a lambire, in periodo recente, linfanzia dei nostri padri. Il
ricordo di come trascorreva la vita quotidiana "al tempo dei canonici di legno
", quando le giornate erano scandite dalle pratiche devozionali, si sta dissolvendo.
A testimonianza di quei tempi rimangono le cresolee, documenti di fede tradizionalmente
sentita, che le generazioni passate ci hanno lasciato in eredità affinchè tracce delle
loro vite restassero nellarredo urbano.
Se accettiamo questa eredità di sentimenti, allora non dobbiamo dissiparla. Nei nostri
vicoli sono rimasti cenni di esistenze, che umilmente vanno raccolti e conservati. Sarebbe
necessario un censimento e una catalogazione fotografica, per dimensioni, per stili, per
soggetto religioso, uno studio che partisse dallindicazione del periodo in cui sorse
il palazzo che ospita ledicola, e infine un restauro rispoettoso della originale
espressione, se non di tutte le nicchie, almeno delle più antiche. A questi compiti sono
chiamate le istituzioni, ma nulla impedisce di raccomandare che anche i privati facciano
la loro parte.
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