Edicola votiva nel centro storico di Tropea (foto Francesco Libertino)LE "CRESIOLEE"

testo di Luciano Del Vecchio
foto di Francesco Libertino

 

Sono più o meno grandi, più o meno profonde; la gran parte semplici, senza ornamenti o decorazioni, parecchie hanno dei fregi intorno, che rispecchiano il gusto dell’epoca in cui sono state ricavate sul muro; alcune con fiori, quasi sempre secchi, altre ornate da piccoli omaggi rinnovati dalla pieta delle famiglie che da generazioni abitano nella vinea alcune con lo sportellino in vetro, altre aperte ed esposte agli insulti del tempo e della sinecura; qualcuna chiusa ermeticamente da un vetro murato; alcune illuminate da minuscole lampadine perennemente accese; altre buie, impolverate, annerite da pluriennale abbandono.
Le edicole sacre sui muri dei palazzi tropeani meritano la nostra attenzione. Edicola votiva nel centro storico di Tropea (foto Francesco Libertino)Custodiscono la statua o l’immagine della Madonna, fra queste la più ricorrente è quella della Romania; frequente il severo cipiglio del santo calabrese per antonomasia Francesco di Paola; presenti anche le Crocifissioni, fra le quali quella del Borgo ha assunto nel tempo un valore non solo religioso, ma anche civile. Almeno fino a pochi anni addietro, era punto di aggregazione per cittadini che si riconoscevano come facenti parte di una comunità. Davanti a essa generazioni di tropeani hanno cantato e pregato per il "Tre della Croce", prima di abbandonarsi collettivamente alla genuina allegria della festa borghitana.
Quante sono? Un calcolo approssimativo di almeno un’edicola per ogni vicolo della zona vecchia potrebbe suggerirci circa un centinaio o poco meno. Pur trovandosi questa tradizione in altri paesi dell'Italia meridionale, non si esagera affermando che le edicole sacre di Tropea costituiscono un insieme di particolare interesse, se non per varietà di fregi o cornici, almeno per il numero. Forse possono reggere il confronto, in proporzione allo sviluppo dei rioni e dei vicoli, con quelle della Vicaria di Napoli.
Edicola votiva nel centro storico di Tropea (foto Francesco Libertino)Perché così tante? Considerando il numero delle chiese, non poche in rapporto alla popolazione, non si può dire che mancassero, a Tropea, i luoghi di culto per le pratiche di fede. E tuttavia la devozione popolare, che si esprimeva nelle cappellette e nei calvari sparsi in tutte le strade di Calabria, a Tropea disseminava i vicoli di "Cresiolee".
La devozione era antica, risale forse ai primi decenni del 600 quando dopo il Concilio Tridentino, intenso divenne l’impegno della Chiesa ad abbandonare la devozione ascetico-individuale risalente al medioevo e di renderla popolare. Allora si diffuse il modo di recitare il rosario "in compagnia", non solo in chiesa ma anche in viaggio, in famiglia, nel vicolo: una preghiera comunitaria che obbligò i fedeli a procurarsi l’immagine sacra, in particolare della Madonna. Nei quartieri più popolari delle città, davanti alla nicchia si stringevano forti legami collettivi che impedivano, per la comune pratica religiosa, la disgregazione sociale, in secoli di grande miseria, fame e malattie.
Da quei lontani tempi le edicole ci mandano un muto messaggio di grande significato storico ed antropologico. Sono la testimonianza di una società e di un modo di vivere scomparsi. Senza nessuna pretesa di valore artistico, quelle sacre custodie murali, illuminate fiocamente da lumi a olio o a cera, evocano l’immagine di umili popolani che in gruppo, con l’espressione pubblica della fede, ricucivano spontaneamente e continuamente il tessuto sociale. Quando questo, nel corso del tempo, si è sfilacciato, anche l’edicola sacra più o meno scossa che fosse la devozione perse progressivamente quella carica simbolica che la fece nascere.
Quella forma di socialità, ovviamente, non rivivrà mai più.
Forse sopravvisse fino a lambire, in periodo recente, l’infanzia dei nostri padri. Il ricordo di come trascorreva la vita quotidiana "al tempo dei canonici di legno ", quando le giornate erano scandite dalle pratiche devozionali, si sta dissolvendo. A testimonianza di quei tempi rimangono le cresolee, documenti di fede tradizionalmente sentita, che le generazioni passate ci hanno lasciato in eredità affinchè tracce delle loro vite restassero nell’arredo urbano.
Se accettiamo questa eredità di sentimenti, allora non dobbiamo dissiparla. Nei nostri vicoli sono rimasti cenni di esistenze, che umilmente vanno raccolti e conservati. Sarebbe necessario un censimento e una catalogazione fotografica, per dimensioni, per stili, per soggetto religioso, uno studio che partisse dall’indicazione del periodo in cui sorse il palazzo che ospita l’edicola, e infine un restauro rispoettoso della originale espressione, se non di tutte le nicchie, almeno delle più antiche. A questi compiti sono chiamate le istituzioni, ma nulla impedisce di raccomandare che anche i privati facciano la loro parte.

Redazione Tropea e dintorni

 

 

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