Dal giugno 2002 anche la Calabria ha i suoi dolmen
Nel Comune ritenuto, forse a torto, il più povero d’Italia, gli antichi massi rocciosi da sempre sotto gli occhi degli abitanti si riappropriano della loro identità preistorica, dopo aver giaciuto fino ad oggi abbandonati dall’indifferenza degli esperti in materia. Ed è solo grazie ad un semplice cittadino, Vincenzo Nadile, amante della storia locale, che i dolmen di Nardodipace sono finalmente oggetto di attenzione e di studio.
di Bruna Fiorentino
foto Salvatore Libertino
Tropea - Le pietre di
Nardodipace sono apparse come per magia, sgusciando dalla fitta vegetazione dove
avevano sonnecchiato per millenni, tra il rispetto ed il timore della
popolazione locale che, pur conoscendone l’esistenza, non avevano osato violarne
i segreti.
La loro ubicazione, in località Sambuco e Ladi, è a circa un chilometro dal
centro abitato del piccolo comune calabrese di Nardodipace, ultima provincia di
Vibo Valentia, sul versante ionico. Ma, dopo i primi cinque ritrovamenti di
megaliti, le ricerche hanno interessato un’area di circa 60 kmq coinvolgendo i
territori limitrofi, quali Serra S. Bruno e Stilo, in cui sono stati rinvenuti
numerosi altri gruppi.
A distanza di sei mesi ancora oggi si vocifera che si tratti di dolmen
nonostante fosse già da molto tempo che un ricercatore
locale,
autodidatta e nel contempo attento studioso dei luoghi dove è nato e vive tutt’ora,
Vincenzo Nadile sosteneva che quei massi avessero una natura antropica.
Il sindaco di Nardodipace, dr. Antonio Demasi, coadiuvato dal consigliere
Alfonso Carè ha affidato il compito di effettuare sopralluoghi ed approfondire
l’origine di queste strutture al professor Alessandro Guerricchio, ordinario di
geologia applicata presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università della
Calabria, il quale ha suggerito alcune preliminari indagini archeologiche,
geologiche e scientifiche.
Ad oggi dalle relazioni del docente emerge l’importanza di un ritrovamento che
non ha precedenti nella storia della Calabria e forse potrebbe minare la fama
del gruppo di Stonehenge in Inghilterra. Infatti, nel mentre i dolmen inglesi
sono datati 2150 anni a.C., i ritrovamenti di Nardodipace sono compresi tra il
tardo Neolitico e l’inizio dell’Età del Bronzo e della civiltà Micenea (tra il
IV/III ed il II millennio a.C.).
Ma che cos’è un dolmen? E’ un termine bretone che sta ad indicare tavole di
pietra di epoca preistorica. Per la loro grandezza vengono anche chiamati
megaliti (dal greco μέγας = grande e λίθος = pietra) e, a seconda della loro
disposizione, è possibile ipotizzarne l’originaria funzione probabilmente
destinata alla sepoltura, a motivi cultuali o a riti introdotti in quel luogo da
diaspore dell’epoca (per la conformazione geometrica, voluta dagli architetti
preistorici di Nardodipace, non è da escludere il parallelismo con le piramidi
egizie).
Dai primi studi risulta che le pietre di Nardodipace sono di granito duro e
provengono dal monte Palella, trasportate lì dove ora si trovano, per essere
lavorate e destinate all’uso sopra ipotizzato.
Purtroppo solo approfondite analisi e ricerche, certamente costose, potranno
chiarire ogni loro aspetto e funzionalità perdutosi nel tempo a causa di
movimenti tellurici anche di notevole entità.
Quattro
anni dopo l’alluvione del 1952 che distrusse quasi totalmente il vecchio paese
si decise di costruire un nuovo agglomerato urbano più in alto. Durante gli
scavi fu scoperta l’esistenza di probabili cinte murarie molto estese. Alla luce
del ritrovamento dei dolmen non si può escludere che ci troviamo di fronte ad un
territorio teatro di importanti insediamenti umani.
Numerosi pittogrammi non ancora del tutto decifrati presenti sulle pareti
granitiche, quali lettere e simboli, sembrerebbero appartenere alla antica
lingua madre mediterranea.
Osando una tesi e prendendo come esempio la formazione trilitica (due pilastri
verticali sormontati da un architrave), ci sentiamo di azzardare un accostamento
con altre strutture molto conosciute sia del mondo greco che della civiltà
latino-americana.
Al sindaco Dr. A. Demasi abbiamo chiesto quali potranno essere i risvolti per
l’economia di Nardodipace e la sua risposta è stata un auspicio affinché gli
organi competenti (a partire dalla Sovrintendenza) valutino concretamente
l’importanza di questi massi rocciosi.
Non vi è dubbio, a nostro modesto parere, che anche la Provincia e la Regione
hanno il dovere di intervenire fattivamente per favorire la valorizzazione di
una scoperta di grande interesse per la Calabria e per la storia dell’uomo.
|
|
||